La Corte costituzionale, con la sentenza n. 280/2004, ha parzialmente accolto le questioni di legittimità costituzionale sollevate, in via principale, dalle Regioni autonome Sardegna e Valle d’Aosta e dalla Provincia autonoma di Bolzano. I rispettivi ricorsi avevano ad oggetto l’art. 1, cc. 4,5 e 6 della L. 131/2003 (c.d. Legge La Loggia) e ne censuravano l’incostituzionalità assumendo a parametro l’art. 76 Cost; l’art. 11 L. Cost. n. 3 del 2001 ed il combinato disposto degli artt. 117, c. 3, Cost. e 10, L. Cost. n. 3 del 2001.
L’art. 1, cc. 4,5 e 6della Legge La Loggia, oggetto del giudizio, contiene una delega all’adozione di “uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione” (c. 4), oltre che l’indicazione di principi e criteri direttivi (cc. 4, 5 e 6).
In particolare, il comma 4 violerebbe l’art. 76 Cost., attesa l’incongruità di una delega avente ad oggetto “i principi”, i quali, al contrario, sono necessariamente di pertinenza delle Camere; inoltre, i principi direttivi di una tale delega, in quanto funzionali alla individuazione di altri principi, non sarebbero idonei ad orientare l’attività del governo nella sua qualità di legislatore delegato, a causa della loro estrema volatilità.
Peraltro, il carattere “meramente ricognitivo” della delega, conferirebbe al Governo un potere dalla natura fortemente innovativa.
In ultimo, la norma de qua violerebbe la riserva di legge formale ordinaria di cui all’art. 11, comma 2, L. Cost. 3/01.
L’illegittimità costituzionale del successivo comma 5, originerebbe dalla incostituzionalità del comma 4 e del comma 6, in considerazione del collegamento fra le deleghe da essi previste.
Infine, l’inutilizzabilità dei principi e criteri direttivi indicati dai commi 4 e 6, per i fini della delega di cui al comma 5, configurerebbe una delega in bianco, con conseguente nuova violazione dell’art. 76 Cost..
La Corte Costituzionale, con la sentenza 280, ritiene che debba essere data una lettura “minimale” della delega disposta dal comma 4; a parere del Giudice delle Leggi, la norma in parola deve essere interpretata “alla stregua delle formule testuali adottate, del contesto normativo in cui si colloca e delle finalità della stessa legge n. 131, quali risultano dai relativi lavori preparatori […].
Solo in questa prospettiva essa non risulterebbe illegittima come, al contrario, i commi 5 e 6 dell’articolo 1 della legge la Loggia.
Il comma 5 infatti, secondo il dictum della Corte, estende l’oggetto della delega anche su materie che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, ma che incidono su materie di competenza regionale corrente. Il comma 6 invece “amplia notevolmente e in maniera del tutto indeterminata l’oggetto della delega stessa fino eventualmente a comprendere il ridisegno delle materie, per di più in assenza di appositi principi direttivi, giacchè quelli enunciati nel comma 4, a prescindere dalla mancanza di qualsiasi rinvio ad essi, appaiono inadeguati”.
I commi 5 e 6 della art. 1 – afferma la Corte – “appaiono in contrasto con l’oggetto “minimale” della delega, così come configurato dal comma 4 in termini di “mera ricognizione” dei principi fondamentali vigenti”, in quanto “indirizzano, in violazione dell’art. 76 della Costituzione, l’attività delegata del Governo in termini di determinazione-innovazione dei medesimi principi sulla base di forme di ridefinizione delle materie e delle funzioni, senza indicazioni dei criteri direttivi”.
In ultima analisi, la Corte Costituzionale “salva” solo in apparenza la delega legislativa ed i conseguenti decreti legislativi; ma, in realtà, “sottopone” quest’ultimi ad un completo “svuotamento” della loro efficacia formale.
La sentenza in questione ha negato che gli atti “meramente ricognitivi” di principi fondamentali di cui all’art. 1, comma 4, L. 131/03, abbiano forza di legge in quanto, non soltanto non appaiono in grado di sostituirsi alle fonti preesistenti, ma anche per la loro incapacità a vincolare le Regioni e ad integrare – di per sé – gli estremi di un parametro di validità delle leggi regionali.
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